Capitolo IV - Il risveglio


Il vecchio mago camminava pensieroso per gli oscuri corridoi sotterranei del castello di Orguz, diretto verso la cella dove l'altro lo stava aspettando.
Olandir, questo era il suo nome, non era completamente convinto di ciò che stava per fare: sicuramente erano passati molti anni da quando qualcuno aveva tentato una cosa simile, e ciò su cui lui e Gothar si basavano era solo un antico libro, ritrovato nella biblioteca polverosa di una vecchia fortezza abbandonata, sulle pendici dei monti Imani orientali.
Era stato Gothar a comprare quel libro, pagandolo una fortuna al comandante del drappello imperiale che, durante una normale missione di perlustrazione, aveva scoperto l'antica fortezza diroccata.
L'ufficiale, approfittando di un'estate particolarmente mite, era riuscito a spingersi in alcune valli interne degli impervi e quasi inaccessibili monti Imani, che costituivano sia il confine settentrionale dell'Impero di Argan, sia il limite delle Terre Conosciute. In una di quelle valli, prima che le nevi invernali lo costringessero a rientrare, il comandante del drappello aveva scoperto per caso una fortezza, una specie di grande monastero dalle possenti mura, ormai abbandonato da molto tempo. Era stato impossibile capire l'origine degli antichi abitanti del castello perché, a parte alcuni rari arredi, le stanze e le sale erano deserte e prive di simboli o segni conosciuti nell'Impero.
L'ufficiale aveva trovato ben poco da portar via, a parte alcuni vasi e ceramiche di dubbio valore, ma nella biblioteca sotterranea, che recava i segni di un antico incendio, era riuscito ad estrarre miracolosamente illeso un vecchio libro consunto, coperto di strani caratteri.
Gothar aveva saputo tutto questo per caso, durante un viaggio nella capitale imperiale Concordia al seguito del Duca Herbert; un giorno il Duca si era incontrato con un suo pari, la cui scorta era guidata proprio dall'ufficiale che aveva scoperto la fortezza. Gothar gli aveva chiesto di esaminare il libro, dopo di che lo aveva comprato per la somma di mille scudi.
Poteva sembrare un prezzo troppo alto per un incomprensibile vecchio libro, ma Gothar aveva riconosciuto alcuni caratteri di una scrittura molto simile all'Adalgari, l'idioma utilizzato dai grandi maghi dell'Impero per i loro libri più sacri, e tramandato segretamente di generazione in generazione.
Ritornato al castello, Gothar aveva studiato il libro per molti mesi senza farne parola con nessuno, ma alla fine la difficoltà nel ricavarne frasi di senso compiuto lo aveva costretto a rivelare tutto ad Olandir, Primo Mago del Ducato di Orguz.
Mentre scendeva le fredde ed umide scale di pietra, con la luce della torcia che creava sinistre ombre sulle pareti muschiose, Olandir ripensò al momento in cui aveva visto il libro per la prima volta; ricordava di essersi adirato con Gothar per il suo egoismo ma, una volta sfogliate le prime pagine di pergamena ingiallita, i suoi occhi si erano illuminati: nonostante fossero difficili da interpretare, le pagine parlavano inequivocabilmente del Potere dell'Uomo sui Demoni.
Gothar non era stato in grado di interpretarle semplicemente perché Olandir non gli aveva ancora insegnato completamente l'Adalgari, ma per il vecchio mago fu molto più facile dare un senso alle antiche scritture.
Gothar, indicato dal duca Herbert quale futuro successore di Olandir per la carica di Primo Mago del potente Ducato, aveva appena quaranta anni, ma era molto ambizioso; per insegnargli la pazienza, e per conservare il suo potere, Olandir procedeva volutamente lento nell'insegnamento, conscio del fatto che appena Gothar fosse arrivato alla sua altezza, avrebbe subito cercato di eliminarlo.
Olandir aveva tentato di convincere il Duca Herbert ad allontanare Gothar dal castello, ma per qualche strano motivo il Duca era legato al giovane mago, e la sua parola era legge in tutto il Ducato: Herbert era stato colui che aveva consigliato all'Imperatore la fulminea offensiva ad ovest dei Monti Uroni, che stava felicemente penetrando da Nord nelle terre del Regno di Dremlund, ed in quel momento il Duca era uno degli uomini più potenti dell'Impero.
In cambio del libero accesso all'antico Libro e facendosi forza dell'amicizia del Duca, Gothar aveva preteso il rapido insegnamento dell'Adalgari, e nel giro di pochi mesi i due maghi decifrarono completamente le antiche scritture; il Libro costituiva solo un volume di una antica serie, ma rivelava un'arte ormai dimenticata nelle Terre Conosciute: l'arte di risvegliare e controllare i Demoni della Terra.
Olandir sapeva cosa fossero i Demoni della Terra: erano esseri antichissimi e dotati di poteri misteriosi, che avevano dominato la Terra per centinaia di secoli. Era stato il suo predecessore e maestro, il mago Emoth, che gliene aveva parlato: dopo aver dominato incontrastati a lungo su tutte le Terre, i Demoni erano misteriosamente scomparsi tantissimo tempo fa, prima che la storia cominciasse ad essere tramandata in forma scritta, o almeno così si pensava.
I grandi maghi però tramandavano ancora la loro leggenda, e qualcuno asseriva addirittura che prima o poi sarebbero ricomparsi; nell'ultimo grande Consiglio, un vecchio mago del Nord aveva persino dato voce ad alcune credenze popolari, che affermavano l'esistenza di misteriose creature soprannaturali avvistate nei luoghi più impervi delle Terre: forse Demoni, o forse loro discendenti.
Decifrato il Libro, Gothar si era improvvisamente allontanato dal castello di Orguz, per farvi ritorno alcuni mesi più tardi: su di un grande carro, trasportava uno strano blocco di roccia nera, un rozzo quadrato di un paio di braccia di lato.
Appena Olandir lo vide, si concentrò sul blocco di roccia utilizzando i nuovi poteri mentali acquisiti dopo mesi di studi sulle antiche scritture, e capì subito cosa Gothar avesse trovato: utilizzando anch'egli i nuovi poteri: Gothar aveva individuato, in una grotta sotto le montagne del Nord, il sepolcro di un antico Demone.
Il blocco di roccia conteneva le spoglie e lo spirito di un antico Signore della Terra, e certamente Gothar intendeva risvegliarlo !!
Non poteva farlo da solo: un mago solo, per quanto forte come Gothar, non aveva abbastanza energia psichica per un incantesimo così potente come quello descritto nelle ultime pagine del Libro.
Olandir ricordò con un moto di stizza la violenta discussione tra lui e Gothar circa il risveglio del Demone: Olandir si era opposto con decisione all'idea, ma Gothar aveva astutamente fatto balenare al Duca Herbert la prospettiva di potersi presentare all'Imperatore con un seguito di Demoni sotto il suo controllo: un controllo che ne avrebbe fatto l'uomo più potente delle Terre Conosciute.
Il duca aveva quindi ordinato ad Olandir di aiutare Gothar nel suo tentativo: nel caso di un suo rifiuto, lo avrebbe fatto imprigionare, ed avrebbe procurato a Gothar un altro mago abbastanza potente da coadiuvarlo nell'incantesimo.
Con le spalle al muro, Olandir aveva dovuto abbandonare il suo progetto di portare il Libro ed il blocco di roccia nera alla presenza del Gran Consiglio dei Maghi Imperiali, che si sarebbe tenuto pochi mesi dopo; al contrario, quella sera, si stava recando nella cella per ciò che avrebbe potuto tranquillamente essere l'ultimo atto della sua vita.
Quanto era forte un Signore della Terra ?
Una volta risvegliato, sarebbero stati realmente in grado di controllarlo ?
Più ci pensava, più i suoi dubbi crescevano, ma ormai non c'era più tempo: svoltata un'ultima stretta curva, Olandir si trovò di fronte la pesante porta di quercia intarsiata con simboli magici, e la aprì con la sola forza del pensiero.

*      *      *

Gothar ed il Duca Herbert si voltarono all'unisono, con i volti fiocamente illuminati dalla luce dei ceppi accesi nel grande camino.
Gothar, con le mani appoggiate sul grande blocco di roccia sistemato al centro della stanza, lo apostrofò con voce secca e tagliente: " Sei in ritardo, Olandir, e questo non è bene".
" Frena la tua impazienza, Gothar. Sono sicuro che questa notte sarà lunga, molto lunga " - rispose altrettanto freddamente Olandir, togliendosi il mantello ed andando a riscaldarsi davanti all'imponente camino, la cui canna fumaria correva verso l'alto nella roccia per molte braccia.
" Duca, siete ancora deciso ad assistere ? " - chiese senza voltarsi - " tanto tempo fa ho giurato di proteggervi, e l'ho sempre fatto, ma ora state correndo un rischio inutile… ".
" Ti ringrazio per i tuoi saggi avvisi, vecchio amico, ma non posso mancare ad un evento che… che consacrerà nella storia il nome di Herbert Skillgard !!! " - replicò il Duca con una strana luce negli occhi.
Come era cambiato il vecchio Duca negli ultimi mesi, riflettè Olandir avvicinandosi anch'egli al blocco di roccia; colpa dell'influenza di Gothar, o della incapacità dello stesso Olandir di opporsi a tale influenza.
" Se così volete… cominciamo allora !! " - gridò, battendo il bastone sulla roccia ed alzando lo sguardo per incontrare i gelidi occhi verdi di Gothar, che sembravano brillare nella semioscurità. I due maghi si concentrarono insieme, creando un legame tra le loro menti, e cominciarono ad esplorare con la forza del pensiero l'interno del blocco di roccia.
Olandir percepì ben presto la presenza di una mente addormentata, o meglio, in uno stato di animazione sospesa, e la stessa percezione ebbe anche Gothar. I due maghi sentivano chiaramente che la mente imprigionata nella roccia non era umana, ed incominciarono lentamente a sollecitarla, a cercare di raggiungerne il nodo vitale che sapevano essere sveglio.
Olandir, ormai in uno stato di trance, ricostruì pian piano percorsi psichici a lui sconosciuti, finchè non gli sembrò di intravedere qualcosa al termine di un meandro oscuro, percorso dal suo pensiero all'interno della mente di un altro essere vivente. Al termine del percorso, quasi un ponte tra due coscienze, Olandir avvertì distintamente un pensiero pulsante, quasi un respiro ritmico e possente, estraneo alla sua mente ma in contatto con essa.
A quel punto, come aveva appreso dal Libro, rinsaldò il legame psichico con Gothar e, impiegando congiuntamente le loro energie, colpì l'essenza intima pulsante all'interno della roccia con un'onda di potere mentale.
Ad Olandir sembrò che il nucleo della mente aliena reagisse all'attacco con un urlo acutissimo di dolore, e lentamente sentì la coscienza sconosciuta distendersi e dispiegarsi, acquistando sempre più vitalità e vigore.
Era come una sfera in espansione che, crescendo, cominciava a respingere le menti dei due maghi verso l'esterno del suo spazio psichico.
I due maghi, come avevano imparato nel Libro, disposero le loro energie mentali attorno alla sfera in crescita, non tentando più di penetrarvi ma ingabbiandola in una rete esterna, in attesa di ciò che sarebbe successo.
Il processo durò un tempo che ad Olandir sembrò interminabile, con la sfera che si dilatava e la rete che si allungava per mantenerla avvolta; la forza espansiva della mente aliena infine diminuì, ed i due maghi furono in grado di mantenerla compressa equilibrando la sua energia psichica con le loro.
Fu in quel momento che avvenne l'esplosione: i due maghi in trance sentirono la sfera vibrare, mentre nel mondo reale il blocco di roccia si spezzò in frantumi in una nube di vapore; il duca Herbert, con orrore, vide una creatura mostruosa emergere dalla nuvola di fumo: una figura enorme, alata, scura come una notte senza luna, ma con gli occhi di un rosso fiammeggiante.

*      *      *

A centinaia e centinaia di miglia di distanza, in bosco sul fianco occidentale delle pendici dei monti Uroni settentrionali, il Lupo nero scrutava il piccolo accampamento umano immerso nel sonno.
Una sentinella era di guardia al gruppo di sacchi a pelo, dove dieci uomini giacevano addormentati, mentre un'altra controllava i cavalli del drappello; nessuna delle due comunque era in grado di scorgere il Lupo, nonostante le sue enormi dimensioni.
L'essere esplorò le menti degli uomini addormentati, finchè non ritrovò ciò che stava cercando: Lewin Talamor dormiva tranquillo, e la sua mente era serena, molto più serena di quella dei suoi compagni.
Soddisfatto, il Lupo misterioso stava per girarsi e sparire nel buio della notte, quando la sua mente fu raggiunta da un'inconsueta perturbazione psichica, proveniente direttamente dai flussi di energia che costituivano la trama intima dell'Universo.
Il lupo restò immobile; nonostante fosse passato tanto tempo, riconobbe subito la natura della perturbazione: da qualche parte, in questo mondo, un antico Signore della Terra si era risvegliato.
Nello stesso istante, Lewin Talamor si agitò nervosamente nel sonno.

*      *      *

I due maghi uscirono dallo stato di trance, mentre il duca Herbert continuava a fissare stupefatto la misteriosa creatura uscita dalla roccia. Era più alta di Gothar di almeno un braccio, nonostante Gothar fosse un uomo alto, e sembrava assorbire qualsiasi raggio di luce la raggiungesse; era infatti completamente nera, del nero più intenso che Herbert avesse mai visto. La luminosità delle fiamme del camino non si rifletteva sulla sua pelle, non creava ombre o riflessi, ma sembrava essere direttamente assorbita dalla strana creatura; solamente gli occhi erano di un rosso intenso e fiammeggiante, occhi alieni ed inquietanti.
L'essere aveva una figura simile a quella umana, ma dalla schiena spuntavano un paio di ampie ali membranose, mentre le mani ed i piedi terminavano con degli artigli simili a quelli di un puma, o di un orso. Olandir vide l'essere voltarsi lentamente a destra ed a sinistra, quasi a rendersi conto di dove si trovasse, dopo di che la creatura fece per muoversi verso il camino; i due maghi però, agendo sulla rete psichica che ingabbiava ancora la sua mente, gli impedirono di muoversi. Fu allora che udirono le sue prime parole.
" Umani !!!… Come osate disturbare l'attesa di un Signore della Terra ??!! ".
La domanda echeggiò forte nelle menti dei due maghi senza che il demone avesse aperto la bocca: era evidentemente capace di comunicazioni telepatiche. I due maghi schermarono quindi le loro menti dal potere telepatico del Demone, e fu Gothar a far sentire la sua voce: " Adesso sei in nostro potere, Demone del passato, ed obbedirai ai nostri ordini! ".
" Umano…" - la voce cavernosa della creatura risuonò sinistramente nella cella mentre il Demone si voltava, torreggiando su Gothar - " …molto tempo è passato dall'ultima volta in cui i Druidi della tua razza hanno esercitato i loro poteri su un Signore della Terra. Sei tu forse un Druido, Umano ?? ".
" Saprai chi sono quando vorrò dirtelo, Demone. Ora ti basti sapere che, così come ti abbiamo risvegliato, siamo capaci di imprigionarti nuovamente nella roccia per l'eternità. E lo faremo, se ci costringerai.
Per adesso legheremo la tua mente a questa cella, dalla quale non potrai uscire fino al giorno in cui te lo consentiremo. Fino a quel giorno, ti interrogheremo per sapere ciò che ci serve su di te e sulla tua razza ".
Detto ciò e sfruttando anche l'energia mentale di Olandir, Gothar impresse nella mente del Demone il vincolo a non uscire dalla cella sotterranea; il Demone chinò la testa ed incurvò le spalle, come se avesse ricevuto un colpo fisico, ma non replicò.
" Incredibile…" - mormorò il duca, avvicinandosi a Gothar e scrutando il volto alieno del Demone - "…Incredibile… anche se mi avevi detto che si poteva fare… non lo credevo realmente possibile! Bravo Gothar!! Grandi prospettive si aprono per te, dopo questo giorno memorabile!!".
Olandir provò suo malgrado delusione mista ad invidia per le parole del Duca, rivolte esclusivamente a Gothar, ma la voce del Demone lo distrasse.
" Umano " - la creatura si rivolse nuovamente a Gothar - " Perché hai bisogno di utilizzare su di me anche il potere di un altro Druido ? " - ed il suo artiglio destro indicò Olandir, immobile - " Non sei forse in grado di controllarmi da solo ?
Forse il potere dei Druidi della tua razza si è finalmente indebolito, come molto tempo fa fu profetizzato dai nostri Saggi ??!! ".
La voce tenebrosa del Demone terminò la frase con un ruggito, e l'antico Signore della Terra colpì senza preavviso.
Oltre il mondo reale, nella dimensione del pensiero, Olandir sentì la sfera che conteneva la mente del Demone trasformarsi in un cuneo dalla punta durissima, che colpì con violenza la rete intessuta dai due maghi. La gabbia psichica tremò e vacillò sotto l'attacco, e la mente di Gothar non seppe esprimere l'energia necessaria a sostenere la forza psichica del Signore della Terra. La gabbia cedette leggermente, ma ciò fu sufficiente a liberare in parte la volontà del Demone.
Nel mondo reale, la creatura si mosse fulmineamente libera dal controllo psichico, ed il suo artiglio sinistro si infilò profondamente nel ventre di Gothar, immobile a meno di un passo dal Demone. L'artiglio continuò il suo movimento verso l'alto, sollevando il corpo del povero mago e scagliandolo contro la parete della cella.
Il corpo cadde poi pesantemente sul pavimento, cominciando ad allagarlo con una nera pozza di sangue.
Olandir sentì spegnersi la coscienza di Gothar, ed il panico si fece largo nella sua mente. Il terrore ebbe però l'effetto di acuire istantaneamente le sue sensazioni e le sue percezioni psichiche: nel cuneo che aveva colpito la barriera mentale eretta da lui e da Gothar, il mago individuò un punto debole, una via d'accesso all'interno della coscienza del Demone, ed Olandir abbandonò il tentativo di contenerla e colpì invece a sua volta.
Nel mondo reale il Demone ruggì nuovamente, questa volta di dolore, e si inarcò all'indietro come trafitto. Olandir penetrò infatti all'interno della mente della creatura, infliggendo al Demone una sofferenza acutissima. Era qualcosa che il Libro accennava, riflettè il mago, senza soffermarvisi chiaramente. Olandir era però riuscito a trovare istintivamente il modo di farlo, e ciò aveva salvato la vita a lui ed al Duca.
Olandir non era infatti in grado di ingabbiare da solo la mente del Demone: l'unico modo per controllarlo era quello di infliggergli un'intima sofferenza, non quello ormai impossibile di dominare la sua volontà.
Olandir ritirò lentamente il suo attacco, lasciando però una sottilissima lama di dolore nella mente del Demone: nel mondo del pensiero, dove il tempo scorreva in modo del tutto diverso, il mago sarebbe stato comunque capace di colpire nuovamente il Demone prima che questi potesse attaccarlo con i suoi artigli nel mondo reale, come aveva fatto con il povero Gothar.
" Lascerò una ferita aperta nella tua mente, Signore della Terra " - disse Olandir - " e sappi che si aprirà ancora fino a diventare insopportabile, se cercherai di attaccarci di nuovo ".
Ripresosi dal dolore, il Demone attese alcuni istanti prima di replicare:
"Umano, i Druidi della tua razza raramente usavano questi metodi per tentare di controllarci… E' evidente che molte cose sono cambiate, durante la mia lunga attesa nella roccia ".
Olandir si accorse di essere stanco, molto stanco, e di aver bisogno di riposare.
" Ascolta, Signore della Terra: ora il Duca ed io ti lasceremo solo in questa cella, che sarà per te la tua prigione. Anche ammesso che tu sappia come superare gli incantesimi che proteggono questa porta, ricordati che sono in grado di individuare esattamente dove ti trovi, agendo direttamente sulla tua mente: non tentare di uscire dalla tua prigione, o scoprirai nuove frontiere nel mondo del dolore. Più tardi, tornerò a trovarti ".
Il Demone non replicò, ma mantenne il suo sguardo inquietante fisso negli occhi di Olandir. Il mago si avvicinò quindi al Duca, ancora immobile sotto shock, e prendendolo gentilmente per il braccio, lo guidò verso la porta. La aprì con la forza del pensiero, fece uscire il Duca e poi lasciò anche lui la cella.
Mentre richiudeva la porta con i poteri della mente, senza voltarsi, sentiva sulla schiena, in maniera quasi fisica, lo sguardo di quegli occhi fiammeggianti che non lo abbandonavano un istante.

*      *      *

Alcune ore dopo, poco prima dell'alba, Olandir era di nuovo al cospetto di Herbert, in una delle stanze degli appartamenti privati del Duca nella torre nord del castello di Orguz.
Olandir aveva riposato poco e male, sempre disturbato dalla tensione del suo rapporto con la mente del Demone, mentre il vecchio Duca sembrava essersi ripreso dallo shock.
" Avrei dovuto starti a sentire, vecchio amico mio " - commentò Herbert, con un sospiro che fece oscillare sul tavolo le fiammelle del candeliere.
" Voi non siete addentro al mondo della magia, mentre Gothar lo era. Se lui mi fosse stato a sentire, adesso sarebbe ancora vivo " - disse a sua volta Olandir, sollevando il boccale d'argento e bevendo un sorso di sidro tiepido - "Ma ormai quello che è fatto è fatto: adesso il mio proposito è quello di chiamare immediatamente il vecchio mago Urik dalla Contea di Arkander, il più vicino abbastanza potente da potermi assistere nel tentativo di reimprigionare il Demone nella roccia. Se ciò mi dovesse riuscire, porterò poi il Libro ed il blocco di roccia al Gran Consiglio dei Maghi Imperiali.
Il vecchio Urik potrebbe essere qui in meno di una settimana; nel frattempo, interrogherei il demone per saperne di più sulla sua razza, sempre ammesso di riuscire a tenerlo a bada ".
Il Duca si appoggiò allo schienale dell'ampia poltrona, fissando distrattamente la finestra dalla quale filtravano i primi raggi di luce.
" Puoi uccidere quel Demone ? ".
" Non credo… il Libro non ne parla assolutamente, e sebbene io possa colpire la sua mente, non sono per nulla sicuro di essere capace di annientarla; se anche ci provassi, non ho idea di cosa potrebbe succedere, una volta spinto il Demone ai limiti dei suoi istinti di sopravvivenza. A dire la verità, nel Libro è scritto che un Demone può essere attaccato con armi tradizionali, come spade e frecce, ma una ferita che sarebbe mortale per un uomo non dovrebbe essere più di un graffio per lui. Decine e decine di buoni guerrieri morirebbero prima di riuscire a fiaccare la sua resistenza, anche nel caso in cui io tentassi di tenerlo impegnato con i miei attacchi psichici: il suo corpo si difenderebbe da solo, istintivamente.
La mia paura è che, spinta a combattere per la propria vita, una creatura selvaggia come quella riveli risorse insospettate, riuscendo a sfuggire al mio controllo e ad allontanarsi dal castello, sparendo nel nulla.
Una volta libero, potrebbe anche risvegliare altri Demoni dal loro sonno nella roccia ".
" Sai Olandir, mi dispiace che sia andata male… ma in fondo forse è meglio così. Forse avevamo chiesto troppo agli Dei. Faremo come tu dici: manderò a chiamare il vecchio Urik al più presto, così mi potrai liberare da quel mostro ".
Olandir riflettè un attimo sul fatto che in realtà lui non aveva mai chiesto nulla agli Dei, ma si rallegrò del fatto che il Duca avesse abbandonato le sue manie di grandezza, almeno per il momento.
Subito dopo, si ricordò che il corpo di Gothar giaceva ancora nella cella.
" Duca, con il vostro permesso, ritornerei ora dal Demone insieme al mio servitore, che si occuperà del cadavere di Gothar ".
" Giusto, caro Olandir, e cerca di ricavare qualcosa da quella creatura… qualcosa che possa interessare l'Imperatore ".
Sospirando, Gothar si alzò; no, il Duca non aveva del tutto abbandonato i suoi progetti di grandezza.

*      *      *

Un'ora dopo Olandir era di nuovo dinanzi alla grande porta in quercia della cella sotterranea, questa volta seguito dal suo servitore quanto mai preoccupato.
" Padrone… i Demoni devono essere lasciati in pace ! Mi ricordo certe storie che si raccontavano al mio villaggio, quando ero giovane, che…".
" Taci, Ernest. Dopo tanti anni, ancora mi tormenti con le tue paure ? " - replicò il mago. Era la risposta consueta, tra loro due, ma per la prima volta il vecchio servitore percepì nella voce del suo padrone una nota stonata.
Olandir comunque era distratto: sentiva fortissima la presenza della creatura al di là della porta, e decise di rompere ogni indugio: un attimo dopo, la porta si spalancò con violenza, senza che nessuno l'avesse toccata.
Il mago avanzò lentamente nella stanza, senza sollevarsi il cappuccio del mantello; nell'angolo più lontano dal camino ormai quasi spento, la nera ombra del Signore della Terra si confondeva nella semioscurità.
Il servitore entrò anch'egli nella cella, ma rimase immobile, con la torcia in mano, un passo dopo la soglia.
Il vecchio Ernest non ebbe il coraggio di guardare lo strano essere, scrutando piuttosto il pavimento di pietra alla ricerca del corpo di Gothar.
" Padrone " - disse, dopo aver deglutito - " non vedo alcun cadavere…".
Olandir scrutò anch'egli il pavimento, soffermandosi su di una macchia scura; subito dopo alzò lo sguardo sul Demone.
" Druido " - la creatura sembrò sorridere - " mangiando i propri nemici, si fortifica la propria anima. Una verità in cui credono anche molti della tua razza… o non ne sei forse al corrente ? ".
" Forse nel passato al quale tu appartieni, Demone " - fu la risposta di Olandir. Poi, rivolgendosi al servitore, disse: " Lascia la torcia sul muro, Ernest, e torna di sopra. Non c'è più alcun cadavere da portar via ".
Ernest obbedì, ben lieto di allontanarsi.
" Voglio sapere alcune cose, Demone, e ricorda che sono capace di farti pagare cara ogni menzogna che mi dirai " annunciò freddamente il mago.
Nonostante avesse dormito per qualche ora, si sentiva comunque stanco. O forse stanco non era il termine giusto: privo di energie fisiche, ecco come si sentiva.
" Risponderò alle tue domande, Druido ".
" Parlami della tua razza, e del perché siete scomparsi tantissimo tempo fa ".
" Dopo il grande cataclisma, e per centinaia di secoli, i miei simili hanno regnato su tutte le terre emerse dalle acque. Eravamo un grande popolo, diviso in numerose tribù spesso in guerra tra loro. Capisco che abbiate perso molte conoscenze su di noi… molto tempo è trascorso dal momento in cui è stato deciso il Grande Sonno. Devi sapere, Druido, che la mia razza esiste sotto molte forme, spesso collegate a specie animali a voi conosciute, delle quali può essere assunto il controllo: orsi, aquile, cervi, lupi, falchi… quasi tutti gli esseri dell'Universo possono essere controllati da una tribù della nostra razza. Quasi tutti… tranne uno: l'Uomo !!
Voi Umani siete stati gli artefici del nostro declino: nessuna tribù, neanche quella delle Ombre Alate, la più potente di tutte, alla quale io appartengo, è mai riuscita a controllare la vostra razza.
Certo, potevamo uccidervi, ed infatti molti di voi sono stati facilmente abbattuti quando la vostra razza si è affacciata, per ultima, sulla Terra, molto tempo dopo il grande cataclisma.
Alcuni Umani, però, si rivelarono dotati di enormi poteri psichici, addirittura superiori ai nostri, ed essi riuscivano ad assumere il controllo mentale di ogni Signore della Terra si trovassero di fronte in battaglia.
Essi non potevano ucciderci direttamente, ma ben presto iniziarono a farci combattere tra di noi, ottenendo così che ci eliminassimo l'un l'altro. Il mio popolo cominciò così a declinare, prima lentamente, poi sempre più velocemente, finchè non rimanemmo che alcune centinaia, braccate dai Druidi.
A quel punto alcuni scelsero di abbandonare la lotta contro la tua razza e si ritirarono nei luoghi più impervi della Terra, dove gli umani non sarebbero mai arrivati.
Altri scelsero una strada diversa: i Saggi della mia tribù idearono un incantesimo per addormentare nella roccia i Signori della Terra. Trascorso un tempo sufficientemente lungo, ci saremmo risvegliati in un mondo in cui la nostra esistenza non sarebbe stata altro che una leggenda… e nel quale i poteri dei Druidi forse non sarebbero stati forti come nel passato.
Se il Destino vorrà essere benigno, al momento del nostro Risveglio, i poteri dei Druidi si saranno affievoliti a tal punto da non poterci più controllare ".

"Pensavo di dover faticare di più per ottenere da te queste informazioni, Demone. Comunque, è evidente che i tempi non sono ancora maturi per il vostro risveglio. Noi maghi siamo tuttora in grado di neutralizzarvi, ed ora che potrò dimostrare che non siete una leggenda, lo studio sulla vostra razza riprenderà con fervore.
Mi spiace per i tuoi simili, Demone, ma nelle Terre Conosciute non c'è abbastanza spazio per entrambe le nostre razze ".
Il Demone rise inaspettatamente: " Sei davvero sicuro di riuscire a controllarmi, Umano ? Ti rivelerò una cosa: sai perché i Druidi di un tempo preferivano ingabbiare le nostre menti, e non osavano impiegare l'incantesimo che tu stai utilizzando ora su di me ? ".
Olandir restò silenzioso, ma un campanello d'allarme risuonò nella sua testa.
" Perché restare all'interno della mente di Signore della Terra prosciuga le energie di una mente umana, Druido !!! Non ti senti forse stanco, prostrato, sull'orlo del collasso ??
Questo avviene perché io ho lentamente succhiato la tua energia psichica, al prezzo della sofferenza che mi hai inflitto, e che tuttora continui ad infliggermi !
Druido, la tua energia è ora diventata mia !
ORA SONO IO IL PIU' FORTE !!! "
- il demone ruggì, ed attaccò.
Olandir, nel mondo del pensiero, sentì la lama di energia che manteneva inserita nella coscienza del Demone percossa e schiacciata, in un violento tentativo di respingerla al di fuori della mente aliena.
Quanto era cresciuta la forza del Demone !
Se Olandir fosse uscito dalla sua mente, non aveva dubbi che il Signore della Terra sarebbe ora stato capace di schiacciare ogni sua difesa mentale, e di annientargli la sua stessa coscienza prima di divorarlo.
Nel mondo reale, i suoi occhi vedevano gli artigli del Demone muoversi lentissimamente verso la sua gola, senza che lui riuscisse a fermarli. Olandir lottò per perforare il nucleo centrale della coscienza aliena, ma venne pian piano respinto finchè non giunse ai limiti delle proprie forze.
Gli occhi del mago si incollarono in quelli, rossi e fiammeggianti, della creatura aliena: in quegli occhi Olandir lesse il piacere della vittoria imminente.
Dal profondo della sua coscienza, il mago sentì un pensiero, un'idea venire lentamente alla luce. Ricordi del suo maestro, il grande mago Emoth, si affacciarono alla sua memoria senza che Olandir riuscisse ad afferrarne il senso.
Forse l'anima immortale di Emoth stava tentando di comunicare con lui ?
Emoth era morto da tanti anni, ma l'idea diede nuova forza ad Olandir, la cui resistenza era appesa ad un filo. Improvvisamente il mago ricordò un incantesimo a lui tramandato proprio da Emoth tanto tempo prima, e mai utilizzato.
Si chiamava " Cattura dell'Anima ", ed era espressione di un potere terribile. Il mago che lo eseguiva attirava ed imprigionava nel suo stesso cervello l'anima di un altro uomo, per esaminarla e studiarne i pensieri ed i ricordi.
Al termine dell'esame, il mago "restituiva" la mente al suo "legittimo" proprietario. Era però un incantesimo pericoloso perché, se la mente catturata era molto forte, poteva far impazzire lo stesso mago autore dell'incantesimo.
Olandir non esitò più di un attimo: abbandonò la lotta e si concentrò in modo diverso, tentando ora di risucchiare la mente del Demone all'interno della sua.
La sua coscienza sembrò quindi esplodere, e dopo un tempo che gli parve interminabile provò la sensazione più strana e dolorosa della sua esistenza. Sentiva la sua mente percorsa da pensieri e percezioni aliene ed incomprensibili, che gli ottenebravano il cervello e che lo facevano naufragare ai limiti dell'incoscienza.
Poi all'interno di sè, o in quello che restava di sé stesso, udì una voce assordante: " Che cosa hai fatto… Druido maledetto ??!! ".
Olandir si rese conto, in uno stato di indicibile sofferenza ed ai limiti dell'incoscienza, di essere riuscito a trasferire la mente del Demone all'interno del suo stesso cervello, e del suo stesso corpo.
Il mago infatti non riusciva più a controllare i suoi movimenti: era qualcun altro, il Demone, che muoveva scompostamente le braccia le gambe che erano del mago, finchè il corpo di Olandir non cadde rovinosamente a terra.
Sul punto di svenire, Olandir resistette comunque al tentativo del Demone di ritornare nel proprio corpo selvaggio e possente; resistette per un tempo sufficiente al compiersi della tragedia.
Il corpo del Demone, ridotto ad un feroce animale selvaggio per l'assenza di una mente superiore, si scagliò sul corpo di Olandir con la stessa furia di una tigre, o di un orso: i suoi artigli penetrarono a fondo nella gola e nella testa del mago, uccidendolo all'istante.
La coscienza di Olandir si spense, ma con lei portò nel mondo delle ombre anche quella del Signore della Terra: le anime del Mago e del Demone varcarono insieme la soglia della Morte.

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Il corpo mortale della creatura aliena terminò di divorare il cadavere ai suoi piedi, lasciando sul freddo pavimento di pietra solo una viscida pozza di sangue scuro.
Si lanciò poi verso la porta, ma fu respinto dalla forza sovrannaturale che ancora la proteggeva. Dopo essere caduta pesantemente all'indietro, la creatura si rialzò e si rivolse poi verso il grande camino, dove si infilò senza che le fiamme gli procurassero alcunchè.
La canna fumaria era abbastanza ampia da consentirgli di risalire, e dopo pochi attimi l'essere si affacciò all'aria aperta, sotto una fitta pioggia battente proveniente da un cielo scuro e nuvoloso.
La creatura spiegò quindi le ali e prese il volo, simile ad un enorme pipistrello, allontanandosi dal castello. Nonostante il terrificante aspetto, non costituiva più un'incombente minaccia sul destino degli abitanti delle Terre Conosciute: malgrado la sua origine, la creatura era ormai solamente un animale selvaggio; avrebbe continuato ad uccidere, animali o uomini, ma soltanto per sfamarsi.
Il sacrificio di Olandir, invero, aveva raggiunto il suo scopo.

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Lewin Talamor si risvegliò stanco e nervoso.
Ciò costituiva una novità per il giovane, abituato a riposare sereno e tranquillo, ma Lewin aveva fatto un sogno strano, un sogno in cui un anziano mago aveva lottato contro un essere misterioso e terrificante, per poi perire assieme ad esso.
Il giovane si stiracchiò, uscendo dal sacco a pelo; avrebbe fatto bene a riprendersi al più presto: con ogni probabilità, proprio quel giorno avrebbe avuto luogo la grande battaglia per il possesso del castello di Klaghen.

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